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"A New Anime Century"

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Come ogni anno, eccoci qui a celebrare il compleanno di Gundamverse.it che cade tradizionalmente nello stesso giorno di quella "Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione" che fece da prologo allo sbarco cinematografico di Mobile Suit Gundam in quel di Shinjuku.
Stavolta però, aldilà del solito articolo o scanlation, ho preferito tradurvi questa testimonianza sull'evento dalle pagine di Pure Invention del "giappanologo" Matt Alt.

Mi sono avvicinata con molti dubbi a questo saggio che investiga come la cultura pop giapponese abbia così radicalmente influenzato anche noi occidentali attraverso un gioco di scimmiottamenti reciproci, anche perchÚ l'autore emana quest'aura da giappominkia, insomma-- Ú sposato con una giapponese e vive in Giappone dove si occupa, tra l'altro, di localizzare videogiochi per l'occidente-- ci siamo capiti... E invece no, al contrario mi sono trovata davanti una cronaca puntuale, ispirata, che parte dal dopoguerra con le macchinette di latta di Matsuzo Kosuge, prosegue con i gekiga ed i movimenti studenteschi, passa per Hello Kitty e l'enjo kousai, il karaoke, il Walkman, SuperMario, i Pokemon ed arriva fino a quel Densha Otoko di 4chan che tanti di noi otaku fece sognare nei primi anni 2000... Incidentalmente, Alt parla anche di anime, e di Gundam.

Lo fa in un capitolo straordinario, A New Anime Century ("Una Nuova Era dell'Animazione") in cui puntella la storia "rilevante" dell'animazione giapponese delineando il rapporto tra media, medium e spettatore in cui realtà e finzione si intersecano, sia mettendo il fan in una posizione "privilegiata", al centro di un dialogo esistenziale con i suoi tempi filtrato dalla magia della celluloide, sia sollecitandolo a qualcosa di più di una presa di coscienza di sÚ stesso-- ad una vera e propria "reazione" verso sÚ stesso.

I titoli presi in questione nel capitolo sono The End of Evangelion (1995), AKIRA (1988), La Città Incantata (2003). E ovviamente Gundam, da cui inizia tutto.

Di seguito la mia traduzione del frammento dedicato alla "Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione", che ritengo particolarmente significativo, e che penso risuoni estremamente interessante anche adesso, all'interno del fandom come fuori.

***

Quando i primi raggi di sole strisciarono su Shinjuku, il distretto commerciale di Tokyo, in una gelida mattina invernale nel Febbraio del 1981, l'alba irrompette su centinaia di giovani uomini e donne avvolti in coperte sul lato Est della stazione, intirizziti sul freddo asfalto.
A prima vista la scena ricordava quei giorni bui subito dopo la fine della guerra. Ma qui ci si trovava in un'area decisamente chic, appena ad un paio di isolati dal primo Gift Gate. Non erano rifugiati; erano anime fan in attesa che iniziasse un evento speciale. In molti erano vestiti in cosplay fin troppo inconsistenti per il clima freddo. Ma a loro non fregava niente del freddo. Erano lì perchÚ erano impazziti per una serie TV del 1979 chiamata Mobile Suit Gundam, ed oggi era il giorno di un particolare evento promozionale.

Gundam era un anime sci-fi fantasy ambientato in un lontano futuro. La sovrappopolazione del pianeta spinse l'umanità a migrare in enormi colonie spaziali.
Il Gundam era solo una delle tante gigantesche armi robot chiamate "mobile suits", pilotate da soldati invischiati in un epico conflitto tra terrestri e "spazionoidi".

Invece della classica fanfara il-bene-trionfa-sul-male dei cartoni per bambini, la storia offriva buoni e cattivi su entrambi gli schieramenti. Invece del tradizionale protagonista figo che fosse di virile ispirazione, Gundam girava attorno un ragazzino introverso fissato coi computer chiamato Amuro Ray che non voleva combattere proprio contro nessuno. Costretto a pilotare il Gundam in battaglia da adulti molto poco interessati alla sua opinione al riguardo, Amuro ben presto realizza che le sue inaspettate abilità nel combattimento non gli portavano alcuna soddisfazione-- Solo sempre più traumi emotivi.
Tuttavia, nel mezzo dell'oscurità brillava un raggio di speranza. Mentre la guerra escalava in un terrificante crescendo, Amuro emerge come un appartenente della nuova specie chiaroveggente "Newtype", forme di vita evolutesi tra le stelle piuttosto che nei sudici limiti del pianeta Terra.

Questo show fu realizzato, così come molti anime televisivi degli anni '70, per un solo, esplicito obiettivo: vendere robot ai bambini. In questo fallì. La ditta produttrice di giocattoli che sponsorizzò la serie si aspettava che il suo creatore, il regista Yoshiyuki Tomino, producesse un programma destinato ai bambini della scuola elementare. Ciò che partorì fu invece oscuro e malinconico, ribollente di rabbia adolescenziale-- Un insolentemente ritratto anti-establishment, anti-autoritario, anti-tutto di una guerra in cui tutti, anche i presunti vincitori, perdono.
In breve, si trattava di un gekiga per lo schermo della sala di pranzo-- il che era perfettamente calzante, visto che Tomino aveva firmato e diretto anche molti episodi di quel Ashita no Joe per la Mushi Productions di Osamu Tezuka.

E' facile cadere nella tentazione di voler chiamare il lavoro di Tomino la risposta giapponese a Star Wars, che debuttò nelle sale giapponesi nell'estate del 1978.
Il film di George Lucas fece esplodere le menti degli spettatori giapponesi proprio come avvenne per quelli americani, dando vita a una follia locale per epici space drama. Le influenze su Gundam sono ovvie: l'ambientazione da space opera; le beam saber impugnate dai robot giganti, l'elmetto e maschera vadereschi del nemico giurato di Amuro, Char Aznable. E l'amore era reciproco. I film di Akira Kurosawa sono ciò che spinsero Lucas ad incorporare motivi nipponici nei suoi lavori. Infatti, il primo canovaccio di Star Wars aveva somiglianze incredibili con un'avventura samurai di Kurosawa del 1958, La Fortezza Nascosta.
Ma Star Wars era, nelle sue fondamenta, un ritorno alla fantascienza dei vecchi anni '30 come Flash Gordon, filtrato dalla nuova sensibilità della cinematografia americana. Il conflitto lì raccontato si concludeva in trionfo.

Gundam era una storia di guerra come poteva essere raccontata solo da qualcuno dalla parte dei perdenti. La sua visione politica era guidata dal fatto che molti dei membri dello staff fossero stati in passato studenti radicali. Non era qualcosa di strano; incapaci di trovare lavori "normali" dopo il collasso dei movimenti studenteschi nei primi anni '70, un gran numero di ex-studenti disillusi filtrarono nell'industria manga o di animazione.

Gundam era un prodotto con una visione, ben scritto e disegnato con stile. Ed era anche un terribile show per bambini. Allusioni alla Seconda Guerra Mondiale? Complessità politiche? Eroi sfigati che non volevano combattere nessuno? I ragazzini si sintonizzarono aspettandosi una serie robot dove se le davano di santa ragione, si ritrovarono confusi e spensero la TV uno dopo l'altro. Anche peggio, non comprarono i giocattoli della ditta che aveva sponsorizzato il progetto-- che era, all'epoca, l'unica vera cartina tornasole per misurare il successo di una serie.
Alla fine la ditta di giocattoli fece l'impensabile. Tirò il freno a mano.
Originariamente programmato per durare l'intero anno con cinquanta episodi schedulati, Gundam sarebbe adesso terminato a 43 episodi, forzando il regista a raccapezzarsi in una frettolosa conclusione della serie. L'ultimo episodio fu trasmesso il 26 Gennaio del 1980.

Si smise di parlare di molte serie popolari subito dopo la loro conclusione. Gundam era stato tutto tranne che di successo. Doveva essere la fine di tutto, ma non lo fu. PerchÚ saltò fuori che la gente lo stava guardando, invece-- solo non quelle persone che compravano giocattoli.
Nel protagonista adolescente impacciato di Gundam, una generazione di giovani uomini e donne riconobbe sÚ stessa. Ed erano furiosi per la cancellazione della loro serie preferita.

Il che ci riporta a quella domenica mattina del 1981. Dai primi treni in arrivo alla stazione di Shinjuku iniziò a sgorgare un sempre più crescente numero di giovani in piazza.
Erano lì per un'unica ragione: partecipare ad un evento chiamato la Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione.
Nonostante il titolo altisonante, che suonava come qualcosa che un cosplayer di Martin Lutero avrebbe affisso alle porte di una stazione televisiva, si trattava di uno sforzo promozionale per diffondere la notizia di un nuovo film basato su Gundam.
Questo perchÚ dopo la cancellazione della serie televisiva, i fan misero su una campagna sulle pagine delle riviste nazionali di animazione per farla risorgere:"Il vero tema di Gundam Ú un rinascimento per l'umanità!", dichiarò un appassionato fan diciannovenne, "Abbiamo bisogno di nuove forme di pensiero, nuove forme di percezione, ed Ú piuttosto ovvio dando un'occhiata alla situazione dell'attuale politica giapponese."

La campagna funzionò. Una compagnia cinematografica notò l'insolito interesse e finanziò un lungometraggio basato sulla serie TV.
Con la promessa di tappare i buchi lasciati aperti dalla prematura chiusura della serie, era schedultato per Marzo, un mese prima della Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione.
Gli organizzatori sperarono, ottimisticamente, di attrarre un migliaio di fan. Dopo aver perso il conto a 8000 di primo mattino senza la fine della folla in vista, i nostri iniziarono ad allarmarsi. E lo stesso iniziò a fare la polizia.

L'ultima volta che le autorità avevano visto tutti questi ragazzi ammassarsi a Shinjuku, dei poliziotti in tenuta anti-sommossa furono costretti ad affrontare lanci di mattoni e Molotov. Ma erano passati molti anni dalle rivolte del 1968, e più di un decennio dall'implosione dei movimenti studenteschi. Questa folla aderiva alla demografia, ma non mostrava i medesimi segni di agitazione. Era solo grande --pericolosamente grande, un mare di giovane umanità che si spandeva verso il palco e gocciolava lungo le vie limitrofe e nei sottopassaggi della stazione.

Per lo più composta da maschi, la folla era punteggiata qua e là da volti femminili. L'età variava tra studenti delle medie a quella di coloro che sembravano laureandi. A parte la manciata di cosplayer, erano vestiti con i jeans, i cappotti e i cappelli che si potevano aspettare di vedere in una giornata fredda come quella. Se non fossero stati pressati come sardine, non avrebbero avuto niente di particolare nell'aspetto, e le stesse facce si sarebbero potute incontrare ovunque in qualunque altra parte del paese.

Per mezzogiorno passato qualcosa doveva accadere. Quelli nelle file anteriori, che avevano passato tutta la notte mantenendo le loro posizioni, rischiavano di ritrovarsi schiacciati contro il palco dai nuovi arrivati. Le corde intese a veicolare la folla erano state già calpestate sotto i piedi dei presenti da un bel pezzo; disperati, gli organizzatori improvvisarono una catena umana con le loro braccia cercando di non far inciampare su sÚ stessi chi si trovava nelle file anteriori. Urla di "Smettetela di spingere!" e "Fateci passare!" iniziarono a rimbalzare lungo la folla mentre fiotti di spettatori continuavano ad accalcarsi dalle uscite della stazione. Era solo questione di tempo prima che qualcuno si sarebbe fatto male.
Un uomo salì sul palco, afferrò il microfono ed abbaiò un ordine.

"Ragazzi, state calmi!"

Quelli che erano lì quel giorno parlarono dell'inverosimile silenzio che scese sulla folla, che ormai contava 15.000 teste. L'uomo sul palco era Yoshiyuki Tomino, il creatore e regista di Mobile Suit Gundam.
A parte il fatto che si trovasse davanti la sagoma alta due piani del robot titolare, non sembrava qualcuno che una folla di ragazzini fosse disposta ad ascoltare. Trentanovenne, magro, con un'evidente stempiatura e un abito a doppiopetto ricordava quasi un impiegato-- quasi. Gli scintillanti bottoni dorati, la cravatta rosso acceso, gli occhiali con le lenti sfumate da aviatore suggerivano che fosse ben altro.

Tomino agitò un legittimo dito verso la folla, "Questo Ú più di un evento. E' un matsuri," dichiarò, utilizzando il termine per i festeggiamenti giapponesi tradizionali.
Celebrazioni annuali religiose associate ai templi shintoisti, i matsuri avevano a che fare tanto con il bere, il ballare e il festeggiare coi vicini quanto col ringraziare gli dei; alcuni erano soliti lasciarsi andare, facendosi trasportare dallo spirito (e da un altro genere di "spiriti"), ma oggi non c'erano alcolici, qui.

Quella di Tomino era una metafora: "Apprezzo la passione che vi ha portato qui oggi. Ma sapete cosa succederà se qualcuno si farà male? Diranno, 'Ecco qua i fan degli anime. Una mandria di idioti che fanno casino appena si incontrano.' Se vogliamo che l'evento di oggi sia un successo, non dobbiamo dargli nulla di cui parlarci dietro".
Con quel plurale, Tomino intendeva gli adulti, la società. Non stava solo cercando di arruffianarsi i partecipanti, però. Aveva ragione.

Da anni infatti, era in corso una guerra culturale tra generazioni in Giappone.
Negli anni '60, lo psicologo Takeo Doi descrisse i gruppi di giovani studenti in protesta come amae (qualcosa di simile a "viziati marci"): una generazione di bambocci col pannolone che sbraitavano per ottenere attenzione.
Nel 1981 i movimenti studenteschi erano ormai storia remota, ma in quel periodo i mass media erano in brodo di giuggiole grazie al lavoro di un professore dell'Università Keio chiamato Keigo Okonogi.
In una serie di articoli e in seguito in un bestseller, stroncò i giovani uomini e donne giapponesi descrivendoli come disinteressati, apatetici, coinvolti in piaceri semplici come videogiochi e fumetti, impegnati in nulla salvo che a mantenere questo loro perpetuo stato di adolscenza: "La società abbraccia un crescente numero di persone che non hanno senso di appartenenza verso alcun partito od organizzazione politica ma preferisce fuggire i legami, scappare dalla società controllata e riconoscersi in una certa cultura giovanile," scriveva, "Sono coloro che io chiamo 'il popolo della moratoria'".

I partecipanti alla Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione, adolescenti sulla soglia dell'età adulta che ancora guardavano i cartoni animati, potevano ben apparire sulla copertina di questa narrativa anti-giovanile.
Che riempissero le strade per protestare o che restassero tranquillamente in casa a guardare i cartoni, sembrava proprio che qualunque cosa facessero, i giovani avrebbero avuto sempre torto. Non c'Ú dubbio che amassero Tomino, coi suoi ritratti di loschi adulti tesi a manipolare i ragazzini per i loro porci comodi.

Tuttavia questa folla era tutto tranne che viziata od apatica. E certamente era legata a qualcosa: la visione di Tomino. Tomino era infatti proprio chi erano venuti a vedere quel giorno, l'architetto della fantasia che li aveva spinti a riunirsi. Erano qui a rendere omaggio. Migliaia di fan smisero di agitarsi e fecero un gran passo indietro. I membri dello staff tirarono un sospiro di sollievo mentre la loro catena umana si rilassava. Non ci sarebbero stati incidenti di cui i grandi avrebbero parlato, quel giorno.

L'evento iniziò regolarmente come previsto, verso l'una in punto. Nelle successive due ore, una sfilata di designer, animatori e altri membri dello staff interagirono con la folla.
Gli animatori in particolare erano soliti lavorare per lunghi orari solitari in stanzette buie, schizzando ed inchiostrando i loro fotogrammi con poche opportunità che il loro lavoro fosse riconosciuto. Questa era la prima volta che i fan videro i visi degli artisti che avevano contribuito a creare la loro serie preferita. Ogni volta che qualcuno si presentava, la folla ruggiva in approvazione, regalando ai creativi da sempre lontano dalle luci della ribalta il benvenuto riservato agli eroi.

I giovani uomini e donne che si riunirono a Shinjuku erano esattamente appassionati e dedicati come i manifestanti della generazione precedente. Gli adulti non capivano il motivo di tutta quell'energia e se ne fregarono; e magari il punto doveva essere proprio quello.

Un gruppo di fan vestiti come i personaggi con costumi autoprodotti furono invitati sul palco-- Si trattava della prima apparizione pubblica su un palcoscenico privilegiato di quello che i giapponesi tra qualche anno avrebbero chiamato "cosplay". In performance estemporanee, i partecipanti misero in scena i loro momenti preferiti delle serie mentre i doppiatori originali recitavano le loro battute. Alla fine, due ragazzi-- anche loro in costume --presero il microfono per recitare la Dichiarazione cui faceva riferimento l'evento. Davanti ad una volta adesso stimata intorno ai 20.000 partecipanti, lessero all'unisono, la gigantesca sagoma di Gundam a vegliare alle loro spalle. Presto, le battute di chiusura echeggiarono su Shinjuku "Noi ci siamo qui riuniti per dichiarare l'inizio di una nuova era. La nostra era. Una nuova era dell'animazione."

Pochi, preziosi fotogrammi e foto esistono a memoria dell'evento, che fu per lo più ignorato dalla maggior parte dei mass media del periodo. Oggi Ú ricordato meno come la promozione di un film e più come un grande "coming out", una Woodstock per gli adolescenti giapponesi che amavano gli anime. Nelle settimane successive, avrebbero ancora fatto parlare di sÚ in altri modi. Uno di questi fu attraverso i loro portafogli. Centinaia di migliaia di biglietti furono venduti ancor prima che Mobile Suit Gundam arrivasse al cinema.

Mentre il gran giorno si avvicinava, altre scene simili a quelle della Dichiarazione della Nuova Era dell'Animazione si ripeterono spontaneamente nel resto del paese. I fan si accamparono fuori dai cinema giorni prima delle proiezioni, portandosi dietro televisori portatili e radio, trasformando le vie cittadine in feste estemporanee. Ad un cinema a Shinjuku, una fila di 6.000 fan serpeggiava intorno a vari isolati. "Voglio vedere il film," disse un ragazzo al giornalista del Asahi Shimbun, "ma adoro anche la scena qui, in mezzo alla fila!".
Il film incassò 1,8 miliardi di yen al botteghino, stracciando ogni record finora raggiunto da un film di animazione.

Realizzato il grandioso successo, lo studio diede via libera agli altri due sequel. Il terzo film della trilogia quasi duplicò gli incassi del primo, e la serie di romanzi firmati da Tomino balzò tra i bestseller in libreria.
Seguirono le repliche della serie TV originale, stavolta seguite da legioni di spettatori, tanto che portarono il nuovo sponsor della serie, una ditta di giocattoli chiamata Bandai, a vendere la sconvolgente cifra di 30 milioni dei modellini in scatola di montaggio che ritraevano i vari robot della serie.
Improvvisamente i bambini che all'inizio avevano ignorato la serie non potevano più farne a meno. Le richieste erano così tante e le riserve così basse che rivolte scoppiarono in alcuni negozi di giocattoli, mandando svariati, sfortunati bambini all'ospedale.

Gundam era più di un cartone. Era isteria di massa.


Informazioni

"Pure Invention - How Japan Made the Modern World" di Matt Alt.
Pubblicato nel 2020 da Crown Publishing.
Inedito in Italia, traduzione della vostra.
Il dettaglio dell'immagine qui utilizzata proviene dal libro stesso, dal capitolo in questione, © Sunrise.

2 commenti:

  1. Proprio ieri mi ero imbattuto nel post di Instagram di Matt Alt. riguardo a questo evento. Ho scoperto il tuo sito oggi, per caso, ed immagina il mio stupore nello scoprire che avevi tradotto la sezione del suo libro che ne tratta.
    Da grande appassionato dell'universo di Gundam, in tutte le sue forme, vedo con piacere che hai raccolto qui tantissimo materiale e interviste che non avevo mai letto, e nel quale non vedo l'ora di immergermi.

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    1. Ho visto anche io il contributo di Alt online! Ottimo che abbia acceso l'attenzione su questa data e sopratutto ti abbia portato qui! Eheh!
      Grazie per la visita ed il commento, e buona lettura ^^ !

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