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∀ Gundam Episodes ③ La Mucca di Laura

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Il 2024 segna il 25° anniversario di ∀ Gundam, uno dei lavori più significativi della produzione gundamica di Yoshiyuki Tomino-- Forse il suo primo "vero" Gundam.

Per celebrare questo anniversario ho deciso di rimpolpare un pò la lore di questa serie offrendovi la traduzione dei racconti brevi che costituiscono il volumetto Episodes, firmato dal romanziere di fantascienza Shigeru Sato e che chiudono la sua esperienza nell'adattamento in romanzo della serie TV.
Sato, pur non essendo direttamente legato alla produzione dell'anime è fan di lunga data di Gundam e ha collaborato con Shigeru Morita, membro dello Studio Nue e curatore dell'ambientazione di , e sembra che per la compilazione dell'adattamento in romanzo della serie TV abbia incluso anche elementi originali ideati da Tomino ma non inclusi nell'anime.

Anche questi brevi racconti quindi, pur incentrandosi su un'interpretazione personale delle vicissitudini dei personaggi in questione, tengono però conto dell'ambientazione originale e possono costituire un'interessante risorsa di minutaglia targata Correct Century.
Il volume è inoltre illustrato da un altro grande, il mangaka Kenji Tsuruta, che ha saputo reinterpretare i personaggi di in maniera particolarmente evocativa, di cui potete vedere un accenno nella "copertina" dei post!
Stavolta seguiamo le avventure di Keith e Fran sulla Terra nelle significative vignette in cui i nostri si scoprono man mano "terrestri", fino al fatidico incontro con "Laura", e ciò che può rappresentare nell'insano conflitto tra terrestri e Moonrace.


Pioggia ∼ Due anni fa

...Non avevo idea che la pioggia potesse essere così improvvisa!

Keith Laijie si liberava i capelli rossi dalle gocce di pioggia dopo essere corso sotto la grondaia di una casa vicina. All'entrata girava un'insegna a forma di caramella con linee rosse, blu e bianche intrecciate.

"Se cercate lavoro, andate a Nocis"

È proprio quello che ho sentito dire nella locanda di fronte alla stazione dove ho alloggiato ieri sera, così ho preso il primo treno per la capitale del territorio Inglessa...

Keith prese dalla tasca un foglio di carta stropicciato. I nomi delle aziende erano quasi tutti attraversati da una linea, tracciata con una di quelle penne al carbone tipo “piombo”, e l'intera pagina era macchiata dalla pioggia.
Gocce e sgocciolamenti vari avevano rovinato la carta sintetica simile alla carta riciclata.
Quando aveva cercato di trovare l'azienda successiva, la pagina si era strappata esattamente a metà.

"J...Joe?"

Mentre balbettava cercando di far combaciare le lettere che si erano appena divise dal centro dell'elenco, la porta dietro Keith si aprì. Si voltò per vedere un uomo inespressivo in giacca e cravatta.
Lo sconosciuto si accarezzò i capelli, che avevano un odore rivoltante e luccicavano di umido, e lanciò un'occhiata sprezzante a Keith. All'improvviso puntò il bastone nero che teneva in mano contro la nuvola di pioggia.

Bam!

Con un rumore, il bastone nero si trasformò in un riparo a forma di disco rotondo.
Era un "ombrello".
Keith guardò distrattamente mentre l'uomo usciva in strada, unendosi ad altri ombrelli in marcia.
All'improvviso sentì uno sguardo alle sue spalle e si voltò per vedere un uomo grasso vestito di bianco che lo guardava da dietro una porta a vetri. Keith si allontanò dalla grondaia dell'abitazione, intimidito.
Gli ombrelli dei passanti si accalcavano, riempiendo la strada come facessero parte di una scura “foresta”, traballando e dibattendosi.
Mentre Keith scivolava umido tra la folla, si ricordò di una storia che aveva letto in biblioteca molto tempo prima su una “foresta di funghi viventi” che mangiava i viaggiatori. C'era una grande foresta di funghi che portava i viaggiatori fuori strada per nutrirsene... Keith si infilò disincantato nella foresta di funghi ombrello.
Dopo un po', ebbe un senso di vertigine.
Si rifugiò in una strada stretta con pochi pedoni, alla ricerca di un seppur minimo riparo dalla pioggia.
Guardando il cielo attraverso una fessura tra i palazzi, vide che il sole stava per tramontare. L'aria si faceva più fredda e scura.
Pensò che la lunga e stretta tettoia di “Trench City” sarebbe stata migliore del riparo che aveva trovato. Era più luminosa, più calda e più ampia. Nessuno avrebbe potuto vivere in uno spazio così piccolo.
All'improvviso, rabbrividì.

Devo trovare un posto dove stare...

Si frugò nella tasca per trovare la pagina bagnata dell'elenco e...
Un pezzo di carta stropicciato scricchiolò scompostamente sul suo palmo umido. Sotto di esso si nascondeva un piccolo pezzo di metallo rotondo.

"È denaro vecchio, non puoi usarlo”, gli dissero, "Dove lo hai preso?"
Ecco cosa gli risposero ieri alla locanda.
"Ma si tratta di banconote rare, quindi... Va bene, ti lascerò stare qui in cambio.”

La maggior parte delle repliche di denaro che erano state preparate erano inutilizzabili.
Alcune squadre di ricerca erano scese per prepararsi all'esperimento, avevano raccolto campioni e realizzato copie...
Stringendo l'inutile denaro in mano, Keith si arruffò i capelli inzuppati di pioggia. La moneta gli si rovesciò tra le dita, tintinnando sul terreno bagnato.

Dannazione!

Keith sbatté a terra ciò che gli restava in mano.
Era stato rifiutato da quasi tutti i potenziali siti di assimilazione, e non aveva senso cercarne un altro se il denaro... era inutile.

"Ho fame... Ho fame..."

Keith si sentiva stordito. Era da quattro interi giorni che non mangiava.

Anche Fran e Loran devono avere...freddo.

Keith si accovacciò sotto la tettoia e pensò ai compagni che erano discesi con lui.
Aveva sentito dire che sulla Terra era l'inizio dell'estate.
Estate, l'inizio della stagione calda, come nei “sette giorni di luce”. Eppure, faceva freddo anche se era mezzogiorno. Era buio e freddo come nei sette giorni di notte.
Doveva essere particolarmente dura per Fran, che è magra e soffre il freddo, pensava Keith, mentre si stringeva nella sua giacca estiva bianca. La camicia sotto la giacca era zuppa. Le sue ascelle erano fradice, umide e calde. Stava sudando, ma un brivido gli attraversò il petto.

"...Non va bene."

Gli bastò pensarlo per perdere forza nelle gambe. Cercò di alzarsi, ma inciampò nei suoi stessi piedi, in una pozzanghera che si era formata nel vicolo.
La sua coscienza svanì, e fortunatamente anche il freddo.

"Voglio un lavoro nel settore alimentare”, si disse.
"Se non dovessi farcela, andrò alla fabbrica di polpette di pesce sul canale.
Farò delle buone polpette... Oppure un panificio.
Il mio sogno è coltivare il grano ed utilizzarlo per creare del pane integrale.
Mi piacerebbe anche una fabbrica di paté di pesce.
Ma non si può fare il contadino e il pescatore allo stesso tempo...
L'ufficio economico non mi permetterebbe di trovare un nuovo lavoro.
Per questo mi sono offerto volontario per l'esplorazione.
Lavorerò duramente per due anni e nel frattempo realizzerò il mio sogno!
Che ne dite di 'Keith General Food'..?"

Le gocce di pioggia che pungevano il viso di Keith sembravano prendersi gioco del suo sogno.
Come facevano le gocce d'acqua a pungergli così vigorosamente la pelle?

"Fatti da parte."
La voce di un uomo.
"Se devi morire per strada, perché non muori altrove?"
Morire? Sto per morire?

Si sforzò di alzarsi, ma il suo corpo era sei volte più pesante e non riusciva nemmeno a sollevare la testa.

"Mi sei d'intralcio..."

Keith si sentì sollevare con uno scatto. Prima che avesse il tempo di capire cosa stava succedendo, sentì il contatto con una tavola di legno.
La tavola tremava per lo scuotimento. Sembrava una carriola che trasportava un carico. Lentamente uscì il sole e vide un'abbagliante fetta di blu che brillava attraverso il cielo grigio.

"Sei più leggero di un sacco di farina..."

La pioggia era cessata. Nel cielo nuvoloso dopo la pioggia, intravide un uomo di mezza età con la testa leggermente calva che sorrideva amaramente...


Riunione ∼ Un anno fa

...E' davvero passato un anno da allora?
Keith si chiedeva, fantasticando, con un sorriso stampato sulla faccia.

"Keith!”

Keith saltò come un grillo dal letto, "Sì, sì! Sono sveglio!"

"Ho dormito di nuovo troppo," penso, cambiandosi negli abiti da lavoro. Si precipitò quindi nel retro, dove trovò il padrone in piedi con le braccia conserte.

"Quando ti alzerai prima di me?"
"Mi scusi, signore..." mormorò Keith togliendosi il cappello e chinando il capo.
"Non toglierti il cappello nel laboratorio! Ti cadono i capelli!”
"Mi scusi, signore!"
Keith si chiese se l'uomo non stesse sorridendo in quel momento.

"Papà!"

Una voce si intromise all'improvviso, "Keith si occupa sempre del negozio, anche mentre tu ti dedichi ai tuoi pisolini!"
"Verlaine? Ok, ma..."
Apparve una ragazza in camicia da notte in piedi davanti alla porta del laboratorio, "E poi non è bello per i vicini di casa sentir gridare così presto la mattina!"
"Non c'è problema, signorina... Sono io che ho dormito troppo..."

Keith lanciò uno sguardo a Verlaine.
I suoi morbidi capelli castano chiaro poggiavano tranquilli sul suo corpo florido. Le sue labbra piccole e imbronciate, i suoi occhi scuri... Naturale, aperta e vulnerabile al tempo stesso... Keith era estasiato.
...Anche il suo nome, Verlaine Bond, era adorabile. Era così bella che Keith non si capacitava fosse la figlia di padron George.
Questa piccola pasticceria non è redditizia solo per l'abilità del padrone, ma anche per la figlia che gestisce il negozio, pensò Keith.

Il giorno in cui fu raccolto dal padrone, Keith pensò di aver visto Verlaine mentre era febbricitante.
Non era sicuro dell'ora, ma era buio, quindi era notte. Eppure Verlaine sembrava cambiare più volte l'asciugamano sulla fronte di Keith, e più volte gliela asciugava, gli aveva cambiato persino le mutande...
Keith arrossì mentre lavorava l'impasto.

"Keith..," disse il padrone tirando fuori una grossa teglia di alluminio per stendervi l'impasto.
"Sì?"
"Non è carina, Verlaine?" ridacchiò il padrone.
"N-No..." Keith diventò rosso per la domanda inaspettata.
"Non è carina?" Gli occhi del maestro si velarono.
"No, è-- Certo!" Keith rispose di getto, facendo ridacchiare il padrone...
"Toccala con un solo dito, e te lo impasterò e cuocerò fino a fartelo diventare bello dorato!,” disse sorridendo con gli occhi e dando un pugno alla teglia di alluminio, ammaccandola.

Mentre l'impasto veniva preparato e il forno si riscaldava, come al solito, il padrone guardava oziosamente il giornale del giorno prima, il Nocis Chronicle, mentre Keith puliva il negozio e il suo stomaco brontolava.
Keith si alzava alle tre del mattino, impastava e puliva prima che il negozio aprisse alle cinque. La colazione sarebbe stata servita nelle poche ore libere che aveva.
Dopo aver finito di spazzare il pavimento e pulire i banconi e passava alle vetrine, l'aria fuori dal negozio si sarebbe riempita di un leggero viola appena prima dell'alba. E dal fondo del negozio si sarebbe sentita la voce più gioiosa, quella di Verlaine che diceva che era pronta la colazione... Ma questo non accadde quella mattina.

"Mi dispiace, la stufa non funziona. C'è un pò da aspettare," commentò insensibilmente il padrone.
Keith puliva la porta a vetri del negozio, mentre la pancia borbottava.

OPEN 5:00am - 6:00pm
Donkey Bakery


All'interno della porta era appeso un cartello di benvenuto fatto a mano che ricordava Verlaine, con un viso rotondo e paffuto, occhi grandi, labbra carnose e capelli mossi...

"Me l'ha fatto un cliente."

Si trattava di uno studente universitario che alloggiava nelle vicinanze. A Keith non piaceva il tizio vestito in modo sgargiante che faceva avances a Verlaine.
Odiava anche questo cartello di benvenuto, ma quando vide il sorriso di Verlaine, accuratamente intagliato nel legno, sentì che lui... un mezzo apprendista in una città straniera, non aveva molto da recriminare.
Sospirando, rimise a posto il cartello e vide una figura chiara che camminava a passi morbidi lungo la strada nel viola pallido dell'alba.

Aprendo casualmente la porta a vetri per dare un'occhiata, il suono del campanello ruppe il silenzio del primo mattino.
La figura chiara alzò lentamente lo sguardo verso di lui.
Nell'aria fioca del mattino, i corti capelli neri, la fronte pallida, i piccoli occhi scuri...

"Fran?" Keith iniziò involontariamente a correre.
"Keith?" La figura chiara si fermò.
"Sei Fran, vero?” Keith si precipitò verso di lei, che si era fermata, "Sei anche tu a Nocis--"
Prima che potesse finire, Fran cominciò a piangere.
L'abbracciò e sentì l'odore pungente dell'inchiostro da stampa provenire dal suo corpo magro.
"Keith, Keith, Keith!”
Era quasi ora di aprire il forno e Keith convinse Fran a dargli il suo indirizzo dopo averla fatta calmare.
"Avrò tempo nel pomeriggio, ti aspetterò," gli disse Fran, che aveva trovato impiego al Nocis Chronicle, la testata giornalistica principale di Nocis.
Quel giorno avrebbe fatto il turno di notte, quindi sarebbe restata nella sua stanza fino a sera.

"Chi era?," gli chiese il padrone, una volta tornato nel laboratorio.
"Una mia amica... Anche lei è venuta a lavorare... da queste parti," rispose sinceramente Keith.
"Eeh, non è una bella cosa far piangere una ragazza, sai..."
"Non è così!," Keith non riuscì a trattenersi dal gridare, "E' che-- Non ci vediamo da più di un anno..."
"E' la tipografa del Nocis Chronicle?"
"Sì."
Il padrone lo fissò.
"In serata voglio che tu vada a consegnare il pane per la cena agli alloggi del Nocis Chronicle," disse.
"Padrone..."
Era il momento della pennichella del padrone.
Keith si asciugò una lacrima e annuì all'ampia schiena dell'uomo.

Andiamo, adesso..!

La città di Nocis si era aperta pian piano a questi due stranieri.
Una piccola panchina di legno nel parco dove fare una pausa dopo le consegne.
Una salumeria annessa a un bar, aperta anche dopo un turno di notte.
La locanda, dove un pasto caldo e un letto ti venivano preparati come fossi di casa, e il dormitorio del Nocis Chronicle, dove potevi lamentarti del duro turno lavoro con i tuoi coinquilini.
In questo modo Fran e Keith divennero lentamente dei "terrestri".
Ma all'inizio dell'estate del loro secondo anno sulla Terra, era la vigilia del solstizio d'estate, quando stava per iniziare la raccolta del grano, la loro "casa" fu crudelmente distrutta.

La mattina dopo, Fran Doll si aggirava per le strade di Nocis in bicicletta.
Da tipografa si era ritrovata promossa a reporter nel giro di una notte...
Le postazioni dei cannoni antiaerei dell'esercito privato cittadino di Inglessa furono fatte saltare in aria una ad una, gli edifici crollarono a causa del fuoco amico che fece cilecca, gigantesche macchine da combattimento pesanti bipedi attraversarono le strade... Ci era voluto una simile tragedia che nessuno avrebbe mai potuto immaginare...

La corsa notte ero come... in trance.

In preda al panico, aveva tirato fuori dalla borsa una vecchia macchina fotografica a soffietto, aveva inserito una nuova lastra asciutta di plastica dall'odore acre, l'aveva fissata al treppiede con una mano esitante e si era infilata sotto la tenda oscurante polverosa e ammuffita.
Sul retro del "obiettivo" quadrato, le stelle del cielo notturno e i lampioni erano proiettati al contrario. In questo modo, era impossibile stabilire quali fossero le stelle.
La macchina fotografica che Fran ricevette dal suo maestro era una vecchia macchina modificata per l'uso di lastre di plastica caricate a secco e, nonostante la sua forma antiquata, era all'avanguardia all'interno. Il meccanismo di sblocco consentiva al fotografo di impostare il tempo di "esposizione" in base alla luminosità, e quando il tempo e il voltaggio appropriati venivano applicati alla lastra, l'immagine attraverso l'obiettivo veniva impressa sulla pellicola di resina in punti sottili.
Le vecchie macchine fotografiche agli alogenuri d'argento utilizzate dal maestro erano ancora più complicate da gestire...
I giornalisti del Nocis Chronicle erano anche fotografi. Avevano sempre a disposizione la loro attrezzatura fotografica per raccoglie articoli e fotografie in modo completo. Il giornalista era anche un buon fotografo.
Tuttavia, sarebbe esagerato chiedere a Fran, che ieri sera era stata frettolosamente nominata reporter e la mattina dopo era uscita da sola per coprire le strade in fiamme, di produrre buone fotografie. Sul ciglio della strada c'erano morti e feriti, bambini che non sapevano se i loro genitori era solo dispersi o morti, e anziani storditi e incapaci di capire cosa fosse successo, e lei aveva fatto del suo meglio per ritrarli.

L'intera città puzzava di bruciato.
Le mosche cominciarono presto a sciamare sui cadaveri e i corpi carbonizzati sembravano alzare le mani verso il cielo come se cercassero di catturare le nuvole di pioggia. In effetti, dalle nuvole sembrava poter piovere da un momento all'altro.
L'odore di carne bruciata fece vomitare Fran più volte ma, con le lacrime agli occhi, continuò a camminare per scattare foto.
Per due anni aveva desiderato diventare una reporter. Eppure Fran si sentiva stordita.

Aveva voluto... vedere una cosa del genere?

Mentre fissava un edificio fatiscente, una calda e umida brezza di Giugno spazzò via dei giornali accartocciati. L'odore dell'inchiostro raggiunse Fran più velocemente della carta di giornale tra le sue gambe.
La tecnologia di stampa risentiva della stagnazione della tecnologia di produzione della carta. L'inefficienza della stampa di un foglio alla volta su fibre vegetali depositate in modo sottile li avrebbe perseguitati per sempre.
La lotta infinita con la carta, lo sporco e l'odore.
Voleva diventare una giornalista per essere la prima ad avere informazioni sulla Luna. Era alla ricerca di un'opportunità, ma a Fran non capitò mai nessuna bella storia del genere.
Un anno fa, quando era stanca del suo lavoro e pensava che sarebbe stato più facile licenziarsi e diventare la moglie di un contadino, incontrò di nuovo Keith.
Keith aveva lavorato sodo, raccontandole della sensazione della farina e le meraviglie di come i microrganismi trasformano l'impasto lasciato riposare in una base di pane soffice e pastosa... Le aveva parlato dei clienti del quartiere che venivano a comprare il pane appena sfornato per la colazione... Questo le aveva dato il coraggio di continuare col suo lavoro.
Per ottenere informazioni, era sufficiente leggere i test delle stampe. Si era tranquillizzata, dicendosi che non doveva avere fretta.
Da allora aveva lavorato duramente per un anno, ma stava diventando di nuovo difficile.

Fran sospirò e raccolse il giornale che il vento aveva aggrovigliato intorno alle sue caviglie sottili.
"Una nuova arma di Galia? Il destino di Nocis..?"
Sulla prima pagina del Nocis Chronicle era stampata a caratteri cubitali l'enorme faccia del mostro con un occhio solo che Fran aveva accidentalmente fotografato ieri sera, sfocata e poco definita.
Si trattava di un'arma proveniente dalla Galia, un continente oltre il Mare Orientale con cui avevano cessato attività commerciali...
Fran si morse il labbro.
Quella era un'arma dei compatrioti di Fran, i Moonrace.
Un'enorme arma dei guerrieri guidati da Dianna Soreil, la millenaria Regina della Luna. Il suo nome era "Wodom". Si trattava di una bambola meccanica di oltre 2.000 anni. Una bambola meccanica di classe navale che è in servizio ancora oggi... Tuttavia, anche se è difficile da immaginare dalle sue enormi gambe, il Wodom era originariamente destinato alla guerra spaziale e non era stato progettato per sfidare la gravità. Usciva fuori... da una "guerra" che avrebbe dovuto essere stata persa 2.000 anni fa.

Doveva essere come una lite tra bambini per salire su un'altalena, ed in men che non si dica, era morta gente ed avevano sparato cannoni. Un'invasione così esagerata, violenta, non poteva essere che un incubo, vero?
Le trattative tra Dianna Soleil ed i terrestri per tornare sulla Terra dovevano essersi interrotte.
Tuttavia...

Fran si ricordò dei capelli rossi di Keith e della pelle scura di Loran.
I compagni che erano scesi sulla Terra con lei, gli esploratori dell'esperimento di discesa allo scopo di raccogliere i dati necessari per il loro ritorno sulla Terra, erano già completamente assimilati nella società terrestre, proprio come lei. Fran sentì un brivido attraversare il suo corpo mentre si chiedeva se ci fosse stata una qualche considerazione per la loro sicurezza...

"Keith..."

Fran si sentì improvvisamente a disagio.
La Donkey Bakery, dove Keith lavorava, era proprio dietro l'angolo.
Mentre pedalava verso la panetteria di Keith, sentì che qualcosa non andava.
Il negozio non c'era più?
Per un attimo l'aveva pensato. Ma non era così.
Il negozio era in piedi, ma porte e finestre erano esplosi, lasciando delle aperture bruciate di nero.
"Keith?"

Fran chiamò l'amico nell'oscurità del negozio. Non c'era traccia di nessuno, ma Fran entrò nel negozio comunque, col cuore in gola.
Non sapeva se a causa del generatore rotto o perchè si erano fulminate le lampadine, ma il negozio era ancora nel buio dopo l'interruzione dell'elettricità di ieri sera.
"Keith?"
"...Fran?"
La voce di Keith proveniva da qualche punto nell'oscurità.
"Chi è?," chiese una voce femminile.
"Sta bene?," Keith si precipitò verso la voce nell'oscurità.
"Mh."
"Signorina, lei è Fran Doll, l'amica d'infanzia di cui le ho parlato. Lavora al Nocis Chronicle..."
Avvicinandosi, Keith notò un oggetto sconosciuto appeso al collo di Fran, che se ne stava lì con aria distratta, "...Una macchina fotografica?"
"Sì, da ieri sera.. Sono diventata una reporter...," borbottò Fran, combattuta.

Aveva voluto... vedere una cosa del genere?
Il desiderio di sfogarsi con Keith le sfiorava il pensiero.

"Cosa? Non è fantastico?," esclamò Keith felice, prendendola in contropiede.
Il Dianna Counter, composto da loro compatrioti, aveva ignorato le trattative con i terrestri, ed era disceso attaccando Nocis, non curandosi della loro presenza in città. Una città che era stata violentemente distrutta...
"...Perchè sei così felice?"
"Sono felice che i tuoi sogni si siano avverati!"

Perché è così felice per me, dopo tutto quello che hanno fatto al suo negozio..?
Fran scoppiò a piangere.

"Il padrone è rimasto ferito e... lo abbiamo appena portato in un ospedale da campo temporaneo," disse Keith, "Avevo pensato di evacuare da qualche parte in campagna, ma non potevamo abbandonarlo..."
"Abbiamo in magazzino farina e legna per il forno," intervenne la figlia del fornaio, "così avevamo pensato di vendere un po' di pane."
Fran si sentì incoraggiata dalla resistenza di Keith.
...Era un'opportunità.
"Sono sicura che... Renderà tutti felici...," non poteva perdere altro tempo. Con questo pensiero, si asciugò le lacrime, "Ne parlerò sul Nocis Chronicle, se volete."


Una falsa tregua

La battaglia si placò completamente con l'arrivo delle nuvole di pioggia dal mare, l'umiliante ritirata della Militia e lo schieramento dei Wodom in posizioni chiave.
Mentre i camion della Militia evacuavano i civili, Fran percorreva in bicicletta le deserte strade grigie di Nocis bagnate dalla pioggia.
Vide un gatto che si aggirava fradicio dopo essersi smarrito, gli occhi sconcertati dei bambini che si riparavano dalla pioggia nascondendosi nelle case abbandonate. La coppia di anziani che presidiava ostinatamente la propria casa prossima al crollo, il loro semplice tè gustato prima della battaglia in un freddo pomeriggio.
Era come se Fran fosse diventata un'altra persona, e continuava a scattare foto nonostante fosse zuppa fino ai piedi, seguendo l'ispirazione.

E quella sera... Un castello scese dal cielo.

Interruppette il lavoro e corse su un tetto per vedere le guglie che brillavano di rosa pallido nel sole al tramonto nel cielo di Nocis.
Alla base aveva la forma di una tartaruga, sotto la quale ribolliva una nube di vapore e polvere.

"...La Soleil?"

Si trattava dell'enorme corazzata reale, e Fran non riusciva a credere ai suoi occhi.
...Dianna Soreil era discesa?
La bellissima regina Dianna Soreil, che aveva governato la Luna per più di mille anni.
Perchè la regina era già scesa..? Fran tremò, pensando che la volontà della Luna di forzare il suo ritorno fosse ormai evidente.
L'atteggiamento di Dianna Soreil sembrava quasi irresponsabile.

"Ho sentito che stanno organizzando un ballo per firmare un accordo di pace."
...Un ballo?
Fran non poteva credere alle sue orecchie.
"Fotografate a tutti i costi la mostruosa regina che vive da mille anni!," ordinò il capo-redattore, prestando fede alle persone coinvolte nei primi sanguinosi negoziati, distorcendo le informazioni su Dianna Soreil in grottesche esagerazioni.
Fran pensava che persino il caporedattore avrebbe perso la testa per lei, se avesse visto la sua sovrana.

Ed infatti Fran pensò che la sua regina, con i suoi splendidi capelli biondi raccolti in una fascia, fosse ancora più bella di quando le era stata concessa un'udienza alla cerimonia due anni prima.
Nella folla davanti alla sala del Castello di Bostonia, gremita di giornalisti provenienti da tutto il mondo, Fran dimenticò per un attimo di guardare nell'obiettivo.
Un sovrano crudele che non aveva tenuto conto della sicurezza dei suoi esploratori e aveva cercato di imporre il loro ritorno.
La bellezza della nave, che non era stata offuscata da mille anni, era sufficiente ad autorizzare il suo dominio assoluto, al quale nessuno poteva resistere.

"Anche il nostro asso della Militia, la pilota Laura Rolla, è qui."

Guin Sard Rheinford, il giovane rampollo di Inglessa, indicò a Dianna una misteriosa bambola meccanica bianca.
...La Militia aveva bambole meccaniche?
Non potevano esisterne, sulla Terra.
Era una bambola meccanica bianca con una sorta di baffi, dalle forme insolitamente femminili. Affiancata al SUMO delle guardie reali di Dianna, che rappresentava un muscoloso combattente, sarebbe sembrata una modella in eleganti pantaloni bianchi.
Barbabianca si chinò lentamente. In quel momento, Fran non poteva credere ai suoi occhi, perché le sembrò di vedere una luce dorata sui suoi palmi di ferro.
...Dianna Soreil?

Chi poteva essere? Somigliava così tanto a Sua Maestà la Regina.

Dianna Soreil stessa nascondeva i suoi capelli d'oro, quindi la somiglianza non era così ovvia, ma chiunque la conoscesse sarebbe rimasto stupito.
Sembra di guardare... In uno specchio.
Mentre Fran era ancora immersa in questo pensiero, l'abitacolo rotondo nel ventre di Barbabianca scese a terra e il tettuccio color oro si aprì per rivelare dei capelli argentati.
L'orlo del suo abito chiaro svolazzò e rivelando per un secondo sottili polpacci scuri e dita dei piedi scintillanti, il momento in cui Laura Rolla toccò terra sembrò tagliare per un secondo il buio.
Laura chinò il capo davanti a Dianna Soreil e disse qualcosa. Per qualche motivo, si sentiva una certa tensione, ma Dianna sorrise divertita.
"Allora, stasera, deponiamo le armi e balliamo tutta la notte," annunciò Guin, recuperando la sua compostezza.
"Molto bene," disse Dianna porgendo la mano a Guin, chiedendogli di accompagnarla.
Laura porse la mano destra a un giovane dai capelli argentati e dai grandi occhiali rossi che gli nascondevano metà del viso.
Dietro di lei, un grande condottiero del Dianna Counter le passò accanto, prendendo la mano della ragazza bionda che assomigliava molto alla Regina.

...Capelli d'argento, pelle scura.
La scena fu centrata al contrario nell'obiettivo della macchina fotografica di Fran.

"...Ma non è Loran?"
Un piccolo borbottio e una sbirciatina dalla tenda oscurante, e l'uomo e la donna dai capelli d'argento erano già scomparsi dietro l'ingresso, chiacchierando e ridendo.
"Oh, me lo sono perso! Ecco perché sono un'incompetente!"

Il caporedattore era ancora senza fiato per la bellezza del volto sorridente di Dianna Soreil nella foto.
Tuttavia, il tentato omicidio che aveva rovinato i negoziati di pace, occupava la maggior parte della pagina, e alla fine l'immagine di Dianna come "strega millenaria" non ne uscì affatto ridimensionata.
...Una tregua nel bel mezzo di una questione irrisolta.
Fran aveva installato un motore ausiliario alla sua bicicletta per essere più veloce nei suoi servizi.
...Una tregua solo di nome, in realtà è una vera e propria invasione.
I Moonrace si erano infatti presi la libertà di recintare una vasta area di colline nella periferia meridionale di Nocis, ricca di campi di grano e pascoli.
Fran correva intorno alla recinzione, fotografando.
Uno scontro presso la recinzione, in cui un agricoltore era stato afferrato da un WAD e fatto oscillare la sua zappa, era intitolato "Ridateci le nostre terre!"
Una coppia di volpi selvatiche che si cercavano col naso attraverso la recinzione, "Un Amore Separato".
Dei soldati Moorace che aprivano un piccolo buco in una sezione della recinzione da cui non sarebbe mai passato un essere umano, "Solo per le Volpi".
Il corpo di un Moonrace, colpito da un cecchino, che giaceva dall'altra parte della recinzione, "Tiro alla Tragedia".
Il cadavere di un vecchio contadino ancora aggrappato alla recinzione, "Morte solitaria vicino la recinzione."
La fotografia di Fran non era tecnicamente eccelsa, ma aveva una crudezza ereditata dal suo maestro.
Alla fine di giugno, la segnalazione della bambola meccanica bianca della Militia vicino alla recinzione fece sobbalzare Fran dalla sua bicicletta a motore.
...Capelli d'argento, pelle scura.

La pilota chiamata Laura Rolla somigliava molto al compagno che era sceso sulla Terra con lei, Loran Cehak, e la incuriosiva molto.
Naturalmente, non poteva essere veramente Loran. Quando aveva incontrato Loran per la prima volta dopo quasi due anni, lui le aveva detto di essere un autista impiegato a Vicinity... E poi Loran era un uomo.
Fran ridacchiò tra sé e sé.

Fuori dalla recinzione, contadini armati si dedicavano alla sorveglianza di una piccola bambola meccanica, che sembrava un grosso ratto, si imbatteva tra le colline.
"Ragazza della stampa," disse uno dei contadini a Fran, che stava passando sulla sua bicicletta a motore, "denuncia quegli invasori della Luna che hanno rubato campi e prati a noi poveri contadini!"
Molti contadini non sapevano che i Moonrace provenivano dalla Luna. E di solito non usavano parole come "denunciare". Il contadino aveva inoltre in mano un fucile che, a differenza dell'apparenza, era un modernissimo fucile d'assalto di grosso calibro.
Era uno della Militia travestito da contadino.
"Certo che lo farò!," rispose Fran con disinvoltura, ma senza fermare la sua bicicletta, "voi non fare nulla di troppo estremo però, che siamo nel bel mezzo di una tregua e stiamo negoziando!"
"Sai cosa ne pensiamo allora di voi giornalisti?," e il contadino gridò a Fran un insulto.

Dopo essere stata costretta a ritirarsi da Nocis, la Militia aveva iniziato a confondersi con i civili cercando di aizzare l'opinione pubblica contro i Moonrace.
Certo, la discesa forzata e la recinzione ingiustificata del terreno, non lasciava scuse ai Moonrace.
Certamente non c'era nulla di esagerato o distorto nelle grida di protesta di civili e contadini la cui vita pacifica era stata distrutta senza preavviso.
Ma non poteva fare a meno di disprezzare la Militia, che incitava i cittadini comuni a prendere le armi.
Capiva il desiderio di proteggere la propria terra. Ma l'impressione era che stesssero aizzando le persone comuni contro i Moonrace.
Anche se il ritorno dei Moonrace era decisamente inopportuno... Provava sentimenti contrastanti.
Fran credeva che molti dei Moonrace che erano rimasti bloccati sulla Luna per 2.000 anni avessero un'attrazione genetica verso la Terra, la terra dei loro antenati. Si considerava fortunata di essere nata in tempo per l'attuazione di un simile programma di ritorno.
C'erano Moonrace che dovevano ancora nascere o gli anziani che erano troppo vecchi per sopportare la gravità terrestre... I nobili che avevano atteso il loro ritorno con lunghe e frequenti ibernazioni artificiali... Loro potevano dirsi fortunati di poter arrivare sulla Terra senza essere mai andati in ibernazione.

Ma le cose stavano davvero così?

Potevano radere al suolo le città con le bambole meccaniche del Dianna Counter, che non avevano avuto nessuno da combattere per millenni, solo perché volevano tornare sulla Terra..?
Fran sospirò.
Alzò lo sguardo e notò una folla vicino alla recinzione. Fran gettò a terra la bicicletta e sistemò la macchina fotografica. Regolò il telemetro e guardò il trambusto attraverso l'obiettivo, vedendo una folla di persone circondata da WAD, e nella calca notò dei capelli rossi famigliari.

"Keith?"
Fran iniziò a correre.

"Come hai potuto essere così infido da vendere pane al nemico?"
"Io sono un fornaio e non faccio distinzioni tra i clienti!"
"Gli abitanti della Terra sono quindi una razza barbara di persone che si uccidono a vicenda?," si sentì mormorare da uno dei WAD avvicinatisi per il trambusto.

"Sono una giornalista dal Nocis Chronicle! Cosa sta succedendo?!" intervenne Fran con la macchina fotografica pronta.
"Ascolti, giornalista, questo fornaio stava cercando di vendere pane al nemico!," rispose un contadino infuriato agitando una vanga.
"Non mi interessa a chi vendo! Inoltre, siamo nel bel mezzo di una tregua, stiamo negoziando... e non sappiamo ancora se sono nemici o meno!" gridò Keith.
Ai suoi piedi, una pagnottella rotolò a terra da una scatola sul retro della sua bicicletta caduta.
"Siamo in tregua, no? Né amici né nemici!," esclamò Fran, "Tutti hanno fame e tutti mangiano pane!"
"E i contadini che potrebbero non sopravvivere all'inverno perché hanno perso le loro fattorie a causa di questi bastardi?," dissero dei membri della Militia con i loro fucili elettromagnetici in mano, anche loro attirati dal subbuglio.
Fran non seppe cosa rispondere.
Il raccolto del grano era stato ritardato, l'erba per il bestiame non era stata tagliata e luccicava al sole dietro la recinzione. E fuori dal recinto, i contadini, privati dei loro preziosi campi di grano e pascoli, fremevano dall' indignazione.
Non c'erano scuse...

In quel momento, il gigante bianco arrivò correndo verso la recinzione.
Fran provò una sorta di timore divino nei confronti della bambola meccanica bianca... Come se da sola avesse potuto porre fine a quel caos.
Infatti, la bambola meccanica della Militia separò il contadino dai soldati Moonrace, protesse tra le sue palme metalliche la giornalista e il panettiere nel mezzo del tumulto e si allontanò in silenzio.
"E' la nuova arma della Militia, vero? Perché non cacciano via questi bastardi di Galia?," sputò un contadino alla bambola meccanica che cercava di andarsene.

"Non è instabile come pensavo", disse Fran, aggrappandosi alle dita della bambola meccanica.
"Non sono riuscito a vendere... il mio pane...' Keith, aggrappato alla sua cassetta piena di pane, sembrava demoralizzato.
"Non è sicuro. Sai che ci sono teste calde di Militia che si fingono contadini e sparano ai Moonrace?," disse Fran.
Keith prese silenziosamente del pane dalla cassetta e la porse alla ragazza.
"...L'hai fatta tu?," Fran guardò la pagnottella nella sua mano.
Il pane aveva una crosta dura, sembrava destinato a durare a lungo, e profumava di fresco.
Provò ad aprirlo con la mano e trovò resistenza... Non riusciva nemmeno a infilare le unghie nella crosta spessa.
"Non sono sicuro della... miscela di lievito o qualcosa del genere..," Keith ridacchiò mentre prendeva la pagnottella dalla mano di Fran e, con un grugnito, la spezzava in due, "Ma è buona."
L'aroma dolce si sprigionò dalla crosta bianca e densa. Il pane era gommoso, ma il sapore ricco della farina riempiva la bocca.
"Delizioso..," Fran fu colpita da una strana emozione che la lasciò senza parole.

"Posso averne un po'?"

Improvvisamente si sentì una voce.
Con loro sorpresa, la mano della bambola meccanica bianca dove si trovavano si abbassò e la calotta gialla si aprì per rivelare dei capelli argentati.
"Loran?"
"Non è possibile..."
"Diciamo che, per una serie di motivi... E' un segreto," rispose Loran, mentre le sue guance scure si rilassavano.


Milk

Seduto il White Doll nel bosco, fuori dalla vista dei soldati della Militia travestiti da contadini presso la recinzione, Loran era felice di rivedere i suoi amici dopo tanto tempo.

"...Ed ecco perchè sono stata trasformata in Laura Rolla."
Fran e Keith erano divertiti dal modo in cui Loran condivideva le sue disavventure.
"Anche oggi Guin mi ha ordinato di pattugliare la recinzione per impedire tafferugli."
"E se dovessimo veramente vedercela contro il... Dianna Counter?," si preoccupò Keith.
"Il signor Guin è contrario alla guerra, così come Dianna, e credo che sia molto più sicuro far gestire questa cosa a loro piuttosto che ai soldati della Militia..."
"Ma--"

Gli occhi scuri di Fran assunsero una strana apprensione, "Dianna pensa davvero di poter fare la pace dopo essere discesa in questo modo?"
"La nostra regina ha detto che si è trattato di una serie di sfortunate coincidenze," Loran continuò, "Sono sicuro che non si aspettavano la discesa dei Wodom, e hanno pensato che avrebbe reso difficili trattative."

Fran sollevò un sopracciglio.
Si aspettavano davvero di poter negoziare serenamente dopo il disastro causato in città dai Wodom?
"Non siamo diretti ancora alla Sunbelt, stiamo usando questa sosta ad Inglessa per negoziare."
Si aspettavano di poter negoziare serenamente dopo aver occupato dei terreni agricoli..?

"Loran, possiamo fermarci un attimo?," sussurrò Keith, interrompendo i pensieri di Fran.
Keith si diresse con gli altri in un altro punto della recinzione.
"--Signor Gwen!"
Keith chiamò oltre la recinzione e da dietro un boschetto di cespugli apparve una figura che ricordava una volpe selvatica, dai passi furtivi.
"Keith, dov'è il latte?," chiese l'uomo avvicinandosi e guardandosi intorno circospetto. Sembrava un Moonrace.
"Il latte non si trova da nessuna parte, purtroppo..."
"Lo sapevo!"
Il rifugiato, sorpreso di vedere Loran e Fran accanto a Keith, cercò di fuggire.
"Va tutto bene! Siamo come lei!," disse Fran, che pensò non ci fosse modo di avere la sua fiducia senza rivelare la loro identità.
"Siete-- Moonrace?," chiese Gwen, avvicinandosi timoroso.
La recinzione era fatta di un robusto intreccio di metallo e resina, ma quando gli veniva dato uno specifico segnale elettrico, cambiava forma e apriva un varco.
Gwen aveva attivato il proprio dispositivo per aprire la recinzione e, con una certa esitazione, invitò Loran e gli altri all'interno.
"Recentemente usano fucili con una gittata più lunga...," spiegò Gwen ritirandosi all'interno della colonia, cercando di allontanarsi dalla recinzione il più rapidamente possibile, "Non riesco nemmeno a lavorare nel mio orto..."
Poco più avanti si intravide un piccolo orto ricavato scavando il manto erboso della collina.
"Un orto... Che hai costruito senza permesso?," Fran sollevò un sopracciglio.
"I negoziati sono stati posticipati e le razioni di cibo sono sempre più scarse," disse Gwen, "Ho portato dei semi di patata dalla luna, ma con una gravità sei volte superiore non è facile..."
Il campo pullulava di quelle che sembravano viti, ma che sembravano mezze appassite.
"...Anche mia moglie è stata sopraffatta dalla gravità."
Dall'altra parte del campo si vedeva una tenda da campo di forma circolare. Si trattava di un piccolo rifugio indipendente con un involucro rigido che poteva proteggere i suoi occupanti da cambiamenti di temperatura e pressione atmosferica, oltre che da specie batteriche sconosciute.
"Scusatemi, ma devo disinfettarvi."
L'ingresso e l'uscita della tenda erano costituiti da un blocco di sterilizzazione a pressione controllata che fungeva anche da sala docce, e i quattro che entrarono nella tenda furono momentaneamente investiti da una forte doccia d'aria e da una luce sterilizzante bianco-bluastra.
"Gwen?"

Fran fu momentaneamente abbagliata dal riverbero all'interno della tenda, che era illuminata da una luce naturale selettiva.
E poi l'odore di latte e pannolini...

"Abbiamo ospiti..?"

In una delle tre cavità uniformemente distanziate nelle pareti della tenda, sedeva una donna con degli occhiali ed un neonato stretto al petto.
"Reeche, questi sono Keith ed i suoi amici. Sono venuti tutti qui prima di noi per l'esperimento di discesa." "Mi dispiace per il poco pane che ho potuto portare," Reeche chinò il capo. Il bambino si agitava leggermente sul suo grembo, "Purtroppo non sono riuscito atrovare del latte."
"Va bene, grazie per il supporto che ci dai."
"Keith, che succede?," chiese quindi Fran.
"Ho chiesto a Keith se poteva procurarmi del latte," rispose Gwen al suo posto, "Mia moglie è ammalata e non può allattare... Ho razionato il suo latte sintetico, ma sta finendo anche quello..."
"Sto bene. Non starò a letto per sempre, non sono l'unica ad avere a che fare con sei volte il suo peso," sorrise con decisione Reeche.
Ma dalla voce alla carnagione, anche Fran capì che aveva seri problemi a stare anche solo in piedi a causa della gravità.
"Perchè questo bambino è tenuto qui?"
Sapeva che nonostante rispettassero le volontà di tutti, donne incinte e neonati, che avevano difficoltà a gestire la gravità, potevano rimanere sulla Luna.
"Le condizioni sono cambiate, ed adesso chiunque possa passare un test genetico può partire. Reeche ha dato alla luce Rine due mesi prima di poter imbarcarci... Avevo perso le speranze, ma invece ci è stato permesso di partire per la Terra," rispose Gwen.

Fran si sentì a disagio.
Anche Fran e la sua famiglia erano stati sottoposti a test genetici.
Alcuni dei candidati esploratori sostenevano che sarebbero stati selezionati quelli geneticamente inferiori, non voluti sulla Luna e che avevano più possibilità di morire, e si ricordò della lite che coinvolse anche Keith.
Visto che il matrimonio e il parto erano stati permessi, e visto che Gwen e la sua famiglia appartenevano ad classe superiore rispetto a Fran, essendo contadini, probabilmente non era questo il caso, ma quel ricordo le tornò alla mente.

"Se si tratta di latte, ci serve solo una mucca da latte, giusto?," disse Loran all'improvviso.
"Come facciamo a procurarci una mucca da latte se non c'è nemmeno il latte..?," rispose Keith, irritato.
"Ne ho vista una nel bosco, credo che il proprietario sia scappato di corsa e l'abbia lasciata indietro. Perchè non la prendiamo in prestito per un po'?"


Confessioni

C'era solo la luce di un'unica, debole lampada, nella buia redazione del Nocis Chronicle.
Fran aveva finito il suo manoscritto quando le lacrime cominciarono a scorrere.

"Loran è un idiota," disse Keith, "Se sapessero che siamo suoi amici, saprebbero che siamo anche noi Moonrace. Non potremo più stare qui, e dovrei lasciare sia il padrone che la signorina..."
Fran sapeva esattamente come si sentiva.
Non importava quanto distruggi un labirinto senza uscita per tirartene fuori, l'uscita non c'è. Anche se taceranno, i soldati travestiti da contadini non lo faranno.
...Ed in questo caso, certi messaggi andavano spiegati chiari e tondi.
Le lacrime caddero sulla bozza dell'articolo.

"Un ponte per la Pace tra Luna e Terra
La pilota della bambola meccanica di Militia è una Moonrace."

Laura Rolla, la pilota della Militia, trasporta mucche per i bambini della Luna.
Aveva usato una bambola meccanica per trasportare una mucca da latte abbandonata in un insediamento Moonrace temporaneo per aiutare una madre malata e il suo bambino.
In risposta, i contadini, che stavano protestando vicino alla recinzione per la restituzione dei loro terreni agricoli, si lamentarono dicendo che non avrebbero aiutato gli invasori, nemmeno se stessero morendo.
Ma Laura aveva ribattuto, "Cosa c'è di male se le persone si aiutano a vicenda, visto che siamo tutti esseri umani?"
Ma quando i contadini persero la testa, trasformandosi in una folla inferocita, inziando ad attaccare la recinzione, Laura gridò, "Sono una pilota di Militia. Ma in realtà sono una Moonrace, nata e cresciuta sulla Luna, e combatterò chiunque non dia valore alla vita umana, sia sulla Terra che sulla Luna!"

Con l'armistizio e le difficili trattative tra Terra e Luna, il piccolo miracolo che ci siano Moonrace che vogliono la pace, e per dimostrarlo si siano uniti alla Militia, non dovrebbe far riflettere ancora una volta su questa guerra?
Per vivere insieme senza ulteriori spargimenti di sangue, non basterebbe un risarcimento per i contadini a cui è stata rubata la terra e un'approvazione dell'emigrazione dalla Luna?
Siamo pur sempre lo stesso popolo che è stato separato per 2.000 anni.
Sia sulla Luna che sulla Terra, abbiamo fame, ci ammaliamo, ridiamo quando siamo felici e piangiamo quando siamo tristi.

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