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Sbirciando la storia della Bandai al "Bandai Building" di Asakusa!

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Nel mio scorso viaggio sono anche riuscita a dare un'occhiata all'esposizione all'interno del Bandai Building (バンダイ本社) ad Asakusa, sede del colosso del giocattolo e dell'intrattenimento. A scanso di equivoci, questo edificio ospita gli uffici della Bandai, quindi non è un vero e proprio "museo", ma al suo interno, tra lobby e primo piano, offre un'interessante percorso che spiega la nascita e lo sviluppo della ditta tokiota, offrendo uno spaccato interessante agli appassionati.
Di seguito la cronaca della mia passeggiata al suo interno.

Lo stabile, a pochi passi della stazione Kuramae della Asakusa Line (vicina anche la stazione omonima della Oedo Line [che non è la stessa!], che però si trova su una parallela della strada del palazzo), è circondato da adorabili statue dei personaggi che hanno fatto grande la Bandai, la cosidetta Bandai Character Street (バンダイキャラクターストリート):
Sembra che le statue cambino a seconda del periodo, purtroppo durante la visita non c'era nessun Gundam ;_; ...

L'entrata alla lobby celebra il progetto più recente e nel nostro caso sono stata fortunata a beccare una piccola esposizione di merchandising dedicata a GQuuuuuuX!
--Siamo quindi pronti per entrare!

La lobby funge da "presentazione" della ditta, con delle vetrine che promuovono i progetti più recenti... Leggendaria la statua di Char sul sofa, dove i fan possono divertirsi riprendendosi con la Cometa Rossa!
--Ok, anche io non ho potuto esimermi dalla tradizione!

Il primo piano è quello che offre la parte interessante, ovvero la storia della Bandai dalla sua fondazione nel 1950 ai giorni nostri.

Di seguito, un cartello che celebra il fondatore della Bandai, il mitico Naoharu Yamashita, e ci racconta la nascita della Bandai con le sue stesse parole.
Congedato dal campo di battaglia dopo aver perso un occhio, Yamashita trovò occupazione in un'azienda tessile di Kanazawa. Nel dopoguerra le cose andavano male, così il proprietario decise di aprire una "succursale" a Tokyo che vendesse giocattoli in legno provenienti dalla regione di Hokuriku.
Il nostro partì all'avventura con dieci suoi colleghi sul calare del 1948, ed iniziò a piazzare questi prodotti con impegno, non tanto perchè amasse i giocattoli ma perchè "doveva sfamare sua moglie ed i suoi figli".
Nel 1950 la situazione si stabilizzò, e il proprietario dell'azienda tessile richiamò i suoi dipendenti a Kamakura, chiudendo l'ufficio di Tokyo; Yamashita chiese di poter restare a Tokyo ad occuparsi dei giocattoli, orgoglioso di aver contribuito alla stabilizzazione economica dell'azienda, ma il boss gli disse che se voleva aprire un'azienda del genere poteva farlo lui stesso-- E così fece. Yamashita cercò di convincere i suoi colleghi a lavorare per lui, ma questi preferirono tornare a Kanezawa-- Alla fine, o meglio, all'inizio, la Bandai era composta dal solo Yamashita e suo cognato, e così restò per i suoi primi 10 anni--

Subito a fianco, un altro cartello ci mostra e spiega l'"evoluzione" grafica del logo della Bandai:
Il primo logo Bandai è molto semplice, ed è composto dalle iniziali di "Bandai Company". Una cosa interessante è che sembra che all'epoca la Bandai confezionasse i suoi giocattoli in scatole rosse, quindi da allora il colore rosso è stato da sempre associato alla Bandai, anche se il suo logo era molto semplice e nero. Il ritorno della "scatola rossa" tornerà significativamente nell'ultimo logo della compagnia, ancora in uso.

Il punto di svolta arrivò qualche anno dopo, con l'inizio delle esportazioni all'estero nel 1951 e l'inizio della produzione di giocattoli in metallo, il cui primo esemplare è il B-26, seguito dalla riproduzione della mitica Toyota Crown:

Quando si parla di "giocattoli in metallo" non può non venire in mente la Popy.
Alla Bandai scopriamo che la Popy era originariamente una sussidiaria della Bandai specializzata nella vendita di giocattoli, resa poi popolare da linee "storiche" come quelle dei "Chogokin".
Nel 1983 la Bandai si fuse con altre società del settore, inclusa la Popy (che nel frattempo si era resa indipendente nei primi anni '70 grazie agli introiti legati ai giocattoli basati su serie animate), diventando di fatto il colosso che conosciamo oggi.

Nel 1977 la Bandai si inventa un nuovo "must" della cultura otaku, i Gashapon.
Sono infatti loro a creare le prime "macchinette" in grado di rilasciare sferette contenenti piccoli giochi di plastica.

Sbirciando lungo la cronologia della Bandai, ho prestato curiosa attenzione alle sue "imprese" d'oltreoceano, recuperando dati decisamente stupefacenti... Sarà interessante sapere che la prima succursale statunitense risale addirittura al 1978, denominata "Bandai America"-- Altro che "La Bandai è arrivata negli USA nel 2000 con Wing"...
La primissima a godere di una succursale all'estero della Bandai fu comunque Hong Kong, con la "Bandai Hong Kong", addirittura nel 1977. In tempi recenti la società è stata denominata "Bandai Namco Asia", e racchiude altri mercati del sud-est asiatico.
Continuando a scorrere, la Bandai approda a Parigi nel 1981 con "Bandai France" e nel 1982 in Inghilterra, con "Bandai UK".
Nel 1996 è il turno di "Bandai Espana". Per la "Bandai Korea" bisognerà aspettare il 2000, il 2009 per "Bandai Mexico" e il 2012 per "Bandai Philippines", mentre, pensate, la Cina sarà l'ultimissima ad unirvisi, nel 2019, con la "Bandai Toys & Hobby" di Shanghai.
--La Cina è stata l'ultima ad entrare a far parte della famiglia Bandai, e qualche anno dopo si sono beccati la loro statua di Gundam-- Parliamo di figli e figliocci!

Tornando a Gundam, arriviamo al 1980 con il primo "gunpla" ("Gundam Plastic Model") di sempre:
La Bandai all'epoca fu particolarmente lungimirante e infamina, "brevettando" i gunpla, di fatto rendendo impossibile ad altre ditte di produrre modellini in scatola di montaggio della celebre saga.
Come da "tradizione", l'obiettivo dei nostri fu di creare un modellino che riprendesse l'aspetto della serie televisiva, pur lavorando con un'evidente scarsità di materiale-- Del Gundam, infatti, all'epoca esistevano solo semplici settei che lo ritraevano frontalmente e lateralmente.
Nel 1985 si uniranno alla linea le serie di SD Gundam.

Nel 1985 inizia la pubblicazione di un altro mito, la rivista B-CLUB, legata alla promozione dell'universo modellistico targato più o meno Bandai.
B-CLUB chiuse sfortunbatamente i battenti nel 1998, sostituita da Dengeki Hobby Magazine.

Impossibile poi non soffermarsi sulle mitiche Cardass!
Siamo nel 1988, e la Bandai decide di unire il mondo delle carte collezionabili a quello dei gashapon: inizialmente infatti le prime card venivano distribuite non nei pacchetti che conosciamo ora, ma attraverso speciali macchinette che rilasciavano una card alla volta, in maniera completamente random.
E' da sottolineare come all'inizio le carte fossero esclusivamente collezionabili, e solo in seguito, visto il grande successo, fu deciso di organizzarle in giochi di carte.
Interessante notare poi che, come nel caso di "Gashapon", il termine "Cardass" non si riferisse alle carte vere e proprie, ma alla macchinetta che le distribuiva!

Arriviamo quindi alla sezione delle vetrine espositive che celebrano Bandai Spirits, il comparto "collezionistico" della Bandai che include i nostri amati gunpla.
Si fa strada l'idea che "anche un adulto possa desiderare dei giocattoli", anche se solo dal punto di vista collezionistico. La "Bandai Spirits" nasce nel 2018 per celebrare questa idea, fondamentale in tutta la filosofia della Bandai, di produrre oggetti che "rendano felice l'anima". Se ci pensate, l'idea converge anche nella Tamashii Nations, ma i prodotti della Bandai Spirits restano più "abbordabili" in termini di costo e di interesse, anche per un cliente occasionale.

Infine, un'area decisamente estesa era dedicata ai progetti "green" della Bandai, che certamente come produttore di giocattoli in plastica non si può dire risulti tra le industrie più eco-sostenibili-- I nostri si stanno però dando da fare, non solo cercando di collaborare attivamente nel riciclaggio degli sprue, i telai delle parti dei modellini che diventano inevitabilmente immondizia, ma anche sperimentando con nuovi materiali, dal limex ai rifiuti organici.
In questo contesto, particolarmente furbesca l'idea degli Ecopla, realizzati con plastica riciclata dagli sprue di cui sopra.
Con questo scherzetto, i nostri risparmiano sull'acquisto di plastica e poi vendono questo genere di modelli come fossero "nuovi", puntando sulla dedizione degli acquirenti... Anche se a onor del vero una buona parte (i modelli più semplici basati sul Gundam storico) vengono distribuiti gratuitamente durante gli eventi.

A questo proposito, RICORDATE CHE GLI ECOPLA NON SONO FATTI IN PLASTICA RICICLABILE. Sono sempre composti per lo più da immortale polistirene, quindi và smaltito correttamente nel secchio della differenziata della plastica, possibilmente tagliando gli sprue in più parti piccole.

Una vetrina conteneva anche dei divertenti omaggi che celebravano i 70 anni della Bandai, occorsi nel 2020... Qui potete vedere un numero celebrativo della rivista Brutus e la riedizione dello storico giocattolo in metallo di Atom!
Curioso che i nostri per celebrare le loro origini abbiano scelto il prodotto di una loro sussidiaria, ovvero la Popy... Ma questo ci porta probabilmente all'ultima sezione dell'area espositiva, che ha un piccolo spazio celebrativo dedicato ad Edison (che rimanda al "Edison Museum" principale, quello presso il Bandai Museum di Mibu-- Eeh, un giorno troverò la forza mentale di andarci!):
Probabilmente Yamashita era rimasto affascinato dall'inventiva e la perseveranza dell'inventore americano, rivendendo un pò sè stesso nella sua missione di creare giocattoli popolari che intrattenessero i suoi connazionali in un periodo duro. Personalmente, mi è venuta in mente anche la spregiudicatezza e mancanza di scrupoli del nostro, con i suoi brevetti infamini e l'appropriazione di progetti altrui, "migliorati e poi proposti come originali"... Un pò come dicono di fare i giapponesi ogni volta che si appropriano di robe altrui spacciandole per loro 😅

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